"Sei arrabbiato?"

"Sei arrabbiato?" Ed ecco che la profezia si autoavvera

“Sei arrabbiato?” mi chiedeva l’altra sera la mia fidanzata. Immagino fosse preoccupata: qualcosa del mio comportamento o del mio umore l’aveva portata a farsi questa idea. Personalmente non mi sentivo irritato. Forse era solo un po' di stanchezza, o magari ero assorto nei miei pensieri e trasmettevo distacco.


Inizialmente, ho provato a non curarmi della sua opinione. A fare finta di niente. Dopo quella domanda, tuttavia, ho iniziato a percepire un sentimento di rabbia crescere in me: più cercavo di dimostrare che fossi tranquillo, più mi accorgevo che ai suoi occhi non lo ero affatto. Da lì il mio tono di voce ha cominciato ad alzarsi, le parole a diminuire e il volto a imbronciarsi. Non è passato molto prima dell'arrivo di una mia prima risposta infelice, preludio di un dibattito nel quale, arrabbiandomi, puntavo a sostenere che invece fossi sereno.

Come le opinioni degli altri determinano i nostri comportamenti

Siamo circondati dalle aspettative e dalle opinioni altrui

Pensiamo al mondo interconnesso di oggi, nel quale ogni aspetto della nostra vita è uno spunto per veicolare all’esterno una certa immagine di noi stessi. Al contempo, ogni giorno ci creiamo nuove idee sugli altri in base a quello che postano sui social media, per esempio.


Tali pareri possono diventare giudizi che si sedimentano e si ripropongono in determinati ambiti della nostra vita:

- “Sei testardo come tuo padre”

- “È una persona troppo buona per fare certe cose”

- “È fatto così, ha poca pazienza”


Crescendo e confrontandoci frequentemente con le opinioni che gli altri hanno collezionato su di noi, diamo forma ad un’immagine di noi stessi che è direttamente (anche se non volutamente) influenzata da tali opinioni.


Finiamo così per indossare un vestito che in realtà non sentiamo così comodo, a volte un po’ stretto o addirittura limitante rispetto a certi movimenti che vorremmo fare. Ci piacerebbe liberarci di tale abito e indossare qualcosa di autentico, nel quale sentirci liberamente noi stessi.

Ha senso adeguarsi?

Tendiamo a conformarci alle opinioni degli altri, o almeno, non avendone certezza, a quello che pensiamo gli altri pensino di noi. Per timore di non compromettere la considerazione che hanno nei nostri confronti pensiamo a cosa può essere in linea con le loro idee e ci comportiamo di conseguenza. Ecco che, immersi in questo mare di aspettative, il nostro agire arriva ad esserne influenzato.


Spesso diamo per scontato il fatto che una considerazione esterna diventi necessariamente vera se condivisa e affermata da più persone. Ci diciamo infatti “D’altronde, se è quello che pensano tutti di me [senza farci mancare le classiche generalizzazioni] non può che essere così”.


Ancora ricordo, durante la mia prima esperienza lavorativa, un feedback ricevuto dal mio mentore: “non curi abbastanza i dettagli”. Me lo disse davanti a tutti gli altri colleghi e da quel giorno è come se avessero iniziato a guardarmi con occhi diversi, alla ricerca dei segnali che comprovassero tale affermazione: “Ha fatto questo, il capo aveva ragione: non sa curare i dettagli”.


In questo modo l’opinione si irrobustisce, inizia a produrre la sua influenza e il circolo vizioso trova compimento: cominciamo a comportarci di conseguenza, classificando quella che era una considerazione soggettiva come un limite troppo grande da affrontare, quasi parte della nostra natura.


Ecco che, quel giudizio altrui finisce per avverarsi.

Da semplici aspettative a realtà: l’effetto Pigmalione

Le fasi consequenziali sopra descritte possono risultare inverosimili, eppure fanno parte di un fenomeno molto diffuso. Questo è noto come “profezia che si autoavvera”, da altri anche chiamato Effetto Pigmalione” o “Effetto Rosenthal”, dal nome dello psicologo che lo ha analizzato e formalizzato.


Per dimostrare la sua ipotesi, negli anni ‘60, Rosenthal condusse un esperimento in una scuola elementare americana.


Inizialmente, i giovani alunni furono sottoposti a test di misurazione del QI. 


I risultati furono in seguito condivisi con i loro insegnanti manomettendo però volontariamente l’esito della prova: lo psicologo segnalò ai docenti una stretta cerchia di bambini che erano apparsi più “intelligenti” degli altri, scegliendoli a caso nel gruppo senza alcun riguardo per l'esito del test del QI. Rosenthal si assicurò che gli insegnanti tenessero segreti i risultati del test anche ai genitori, continuando a trattare i "piccoli geni" al pari di tutti i loro compagni.


Un anno dopo, lo sperimentatore si ripresentò nella stessa scuola per sottoporre nuovamente i giovani studenti al test d’intelligenza. Dall’esito del test un dato emerse particolarmente evidente: il gruppo di alunni segnalato inizialmente alle maestre come più dotato conseguì risultati nettamente migliori rispetto ai compagni.


Rosenthal dedusse come, nell’anno trascorso, le opinioni dei docenti avessero condizionato lo sviluppo delle abilità nel ristretto gruppo di pupilli: gli insegnanti stessi avevano garantito un trattamento egualitario a tutti i loro studenti, tuttavia avevano trasmesso le loro aspettative alla cerchia dei “presunti geni”, in maggior misura rispetto al resto dei compagni.

Di fronte alla profezia: freno all’agire o rampa di lancio?

Conoscere l’Effetto Pigmalione risulta fondamentale per gestirlo, al fine di liberarsene o al contrario servirsene.


Come difendersi dalle conseguenze negative della profezia che si autoavvera?


- Analizza le opinioni depotenzianti che pensi abbiano le altre persone su di te e collegale a fatti realmente accaduti correlati a tale idea. Fatti aiutare anche dalla persona sostenitrice di tale giudizio, chiedendole: “Cosa faccio nello specifico che ti porta a dire questo?” Definendo le osservazioni specifiche all'origine di tali giudizi (depotenzianti) potrai scegliere liberamente come modificare i tuoi comportamenti, per trasformare coerentemente le opinioni collegate.


- Piuttosto che adeguarti alle considerazioni altrui, chiediti: “Sono sicuro che quella persona mi veda in questo modo?” oppure “Ho la certezza che pensi questo di me?” o ancora “Un’opinione diffusa nei miei confronti è necessariamente vera?”


- Liberati dalle persone “tossiche”, coloro sempre pronti ad abbatterti con le loro parole, del tipo “non ce la puoi fare” o “non fa per te”. Se proprio non puoi fare a meno di averci a che fare, limita il più possibile l’effetto che le loro considerazioni hanno su di te: prendi atto delle loro opinioni, del fatto che siano personali e non universalmente riconosciute e decidi liberamente come agire. 


E per sfruttare l’Effetto Pigmalione a proprio favore? Ecco un paio di suggerimenti.


- Circondati di persone che ti stimano, che riconoscono il tuo valore e le tue capacità. In questo modo ti trasmetteranno le loro aspettative positive, spronandoti a dare il massimo e a migliorarti. Una frase di Jim Rohn, imprenditore e speaker americano, a mio parere racchiude in poche parole il potere della profezia che si autoavvera: “Siamo la media delle 5 persone che frequentiamo di più”.


- E se far cambiare idea a quelle persone fosse per te una sfida che ti motiva a comportarti diversamente rispetto ai loro giudizi?



Tornando all'incipit di questo articolo... Come sono uscito dall'arrabbiatura che vi raccontavo?


Mi sono fermato a riflettere: ho osservato la profezia in atto e ho scelto di cambiare la mia reazione, per riscrivere quello che sembrava un finale già scritto. Mi sono goduto la cena e la compagnia, senza troppe preoccupazioni su come mi vedesse la mia fidanzata o su come potesse venire interpretato il mio modo di comportarmi quella sera. Fiducioso che, solo sentendomi me stesso, avrei veicolato la mia immagine autentica. Consapevole che la persona di fronte a me può crearsi legittimamente l’opinione che trova più appropriata, senza però necessariamente influenzare il mio agire.


E tu che mi leggi: che aspettative e opinioni proiettano su di te gli altri?



Matteo Cattapan



© Foto di Åsa K da Pixabay