Richieste di aiuto efficaci
Imparare a chiedere aiuto: l’atto della Richiesta
Non sempre siamo capaci di chiedere aiuto a voce alta. Ci aspettiamo che gli altri lo capiscano, lo intuiscano, leggano tra le righe e accorrano. Altre volte, invece, chiediamo aiuto ma in maniera inefficace, dando luogo a fraintendimenti e incomprensioni. Formulare richieste di aiuto efficaci è fondamentale nella vita privata e lavorativa per evitare lo stato d’animo del risentimento e raggiungere i nostri obiettivi con e grazie agli altri.
«Luca si guarda bene dal dare una mano, lo vede che sono preso con le bombe per il progetto eppure non c’è pericolo che si offra di aiutare!»
«In questa casa non mi aiuta mai nessuno, tutti col sedere sulla sedia e io a correre avanti e indietro come una pazza»
«La mia direttrice continua a darmi cose da fare e non capisce che sono STRAPIENA di lavoro, non ci sto più dietro, ma cosa devo fare perché lo capisca?!»
Tutti abbiamo in mente situazioni come quelle sopra descritte. Possiamo visualizzare nella nostra mente familiari, conoscenti e colleghi in difficoltà che lamentano mancanza di attenzione per una loro richiesta d’aiuto, spesso non esplicitata.
Prima di parlare di richieste d’aiuto, dei loro elementi costitutivi e di come esplicitarle, dobbiamo necessariamente fare un breve detour per occuparci del tema delle aspettative.
Che cos'è, esattamente, un'aspettativa?
Definiamo aspettativa la speranza di raggiungere un risultato che non si traduce in impegno e azione, che rimane astratta e concettuale. La parola “aspettativa” deriva da “aspettare”, che poggia su etimi latini legati all’attendere, al guardare attentamente. Quando aspetto non sto agendo e non mi sto assumendo la responsabilità di raggiungere determinati obiettivi con le mie azioni: aspetto piuttosto che siano altri, con le loro azioni, a far avverare i miei obiettivi.
Questo – sgombriamo subito il campo dal dubbio – raramente accade, poiché gli altri perseguono obiettivi legittimamente differenti dai miei. Le aspettative generalmente non si compiono da sé poiché, essendo il pianeta composto da sette miliardi di persone uniche e differenti tra loro, i miei obiettivi possono essere raggiunti solo attraverso il mio diretto impegno.
Le aspettative generano risentimento
Le aspettative, destinate a rimanere sospese in un limbo di inazione, generano lo stato d’animo del risentimento. Se potessimo ascoltare la conversazione interiore della persona risentita la sentiremmo lamentarsi di essere vittima di un sistema ingiusto, di non essere ascoltata, di essere esclusa da ciò che si merita. La persona risentita si sente impotente perché desidera ottenere qualcosa che rimane al di fuori del suo campo d’azione, qualcosa che pensa non potrà mai ottenere per un qualche ostacolo “fattuale” che si frappone.
Tutti nella vita ci facciamo delle aspettative e, in alcuni momenti, soffriamo perché queste vengono frustrate. Grandi o piccole che siano, legittime o fantasiose, amorose o lavorative, le aspettative sono una componente della vita umana. Un coach aiuta il coachee a scegliere quelle più rilevanti e trasformarle in Impegno e Azione, passando dallo stato d’animo del risentimento a quello dell’ambizione.
Aspettative di aiuto dagli altri
Ed eccoci al tema centrale. Spesso non chiediamo esplicitamente aiuto agli altri ma ci aspettiamo che essi capiscano da sé il nostro bisogno e accorrano in nostro soccorso. Alle volte potrà accadere ma, nella nostra opinione, nella stragrande maggioranza delle occasioni non succede; e anche quando accade, se prima non era stata formulata una richiesta esplicita, il supporto che ci viene fornito potrebbe essere inadeguato o non esattamente allineato alla nostra necessità.
Quando abbiamo bisogno di aiuto, ci è utile imparare a chiederlo. Lamentarsi non è una richiesta di aiuto valida.
Molti di noi hanno paura di chiedere aiuto perché pensano che sia da persone deboli o che esponga pubblicamente le nostre fragilità. Chiederei aiuto è invece un atto di responsabilità, di ambizione (nel senso positivo del termine) e di crescita, che ci avvicina ai nostri obiettivi. È un atto che costruisce relazione e crea vicinanza: “ho bisogno di te per raggiungere questo risultato”.
Formulare la richiesta di aiuto
La richiesta è uno degli atti linguistici fondamentali identificati nell’ontologia del linguaggio di Rafael Echeverria e dalle scuole di coaching ontologico trasformazionale. Essa nasce da un bisogno e, se viene accettata dall’altro, genera una promessa, un impegno mutuo a compiere delle azioni che coinvolge più persone.
Affinché una richiesta d’aiuto possa essere considerata valida, essa deve prevedere alcuni elementi fondamentali, meno scontati di quanto non si possa pensare:
Il richiedente. Faccio la richiesta per conto di chi? Sono io il portatore di questo bisogno o si tratta di un’altra figura? È importante esplicitare chi emette la richiesta e chi ha bisogno di aiuto.
L’esempio tipico è il padre che richiama più volte il figlio sul fatto che debba aiutare di più in casa e, all'ennesima discussione sfinente, abbandona le questioni di principio e arriva al nocciolo: perché la mamma è stressata, non ce la fa più, ha bisogno di aiuto.
Il ricevente. A chi è rivolta la richiesta? Occorre identificare con chiarezza i destinatari della stessa, chiamarli per nome, essere certi di averli identificati chiaramente per sé stessi e di aver esplicitamente fatto loro comprendere che il messaggio è loro destinato. Quante volte in un lavoro di gruppo in azienda, alcune azioni si perdono perché un “voi” generico non è stato recepito e raccolto da nessuno in particolare?
È il caso del manager che in una riunione richieda una determinata relazione senza specificare a chi la stia chiedendo. Il progetto in questione è seguito da più colleghi, la richiesta rimane ampia, il rischio che nessuno si attivi perché pensa che la faranno gli altri è alto. Ciò accade spesso anche nelle email con tanti destinatari e altrettanti colleghi in copia: a chi è realmente rivolta la richiesta?
Le azioni previste. Vanno delineate le azioni necessarie per portare a termine la richiesta, non si può lasciare che queste restino implicite o che vengano improvvisate dalla controparte sulla base di elementi insufficienti. Occorre articolare con chiarezza ciò di cui abbiamo bisogno e identificare chiaramente le condizioni di soddisfazione.
Per non sentire più nei corridoi delle imprese frasi come: “Ma non è quello che ti avevo chiesto! Ma cosa hai fatto? Non intendevo questo, ora cosa me ne faccio?”
Tempistiche e scadenze. Anche il fattore tempo è rilevante, una richiesta “aperta”, senza scadenza, è una richiesta puramente teorica, sospesa nell’etere, non azionabile. Nel caso migliore, una richiesta priva di una scadenza è una richiesta a bassa priorità, che può andare in coda a ogni altra richiesta che invece una deadline ce l’ha.
“Non mi avevi detto ti servisse per oggi. Sapevi che lunedì ero in ferie e martedì avevo il corso.” "Guarda Elena mi dispiace ma avevo capito le scadenza fosse settimana prossima."
Per quanto venga formulata correttamente, una richiesta non è mai automaticamente accettata.
Non c’è vincolo amoroso, amicale o professionale che obblighi alcuno ad accettare una richiesta. È quindi fondamentale che chi emette la richiesta verifichi anche di ricevere una risposta valida dal destinatario della stessa: penso di sì, magari lo faccio, devo vedere, farò il possibile, dai ci provo etc. non sono risposte valide.
Le uniche risposte valide sono sì e no. Il processo del fare una richiesta quindi deve anche includere l'attesa e la raccolta della risposta, del riscontro. E' un processo bidirezionale, con un'andata ma che necessita anche di un ritorno.
Solo nel caso in cui la richiesta venga accettata con un “sì” esplicito, si genera tra le parti una Promessa. Di promesse, della loro preparazione, negoziazione, esecuzione e valutazione, parleremo in uno dei prossimi articoli.